Rassegna giurisprudenziale N. 7

11 Settembre, 2024

Notiziario Giurisprudenziale N.7 del 11 Settembre 2024

Arbitrato

Procedimento civile – Arbitrato – Lodo – Impugnazione – Per nullità – Inosservanza di regole di diritto “in iudicando” – Rilevanza – Limiti ex art. 360, n. 3, c.p.c. – Conseguenze.

La denuncia di nullità del lodo arbitrale postula, in quanto ancorata agli elementi accertati dagli arbitri, l’esplicita allegazione dell’erroneità del canone di diritto applicato rispetto a detti elementi, e non è, pertanto, proponibile in collegamento con la mera deduzione di lacune d’indagine e di motivazione, che potrebbero evidenziare l’inosservanza di legge solo all’esito del riscontro dell’omesso o inadeguato esame di circostanze di carattere decisivo (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia di appalto pubblico tra una società di capitali ed un’amministrazione comunale, la S.C., riaffermato l’enunciato principio, ha ritenuto incensurabile la sentenza gravata con la quale la corte territoriale aveva affermato l’inammissibilità della censura proposta, in quanto, nella circostanza, le critiche formulate al lodo afferivano ad una diversa valutazione degli elementi di fatto emersi nel giudizio di merito da cui trarre conseguenze giuridiche in termini di responsabilità della stazione appaltante, previa applicazione delle norme indicate).

Corte di cassazione, Sezione I civile, Ordinanza 2 settembre 2024, n. 23480

Pres. Scotti – Rel. Garri – (Rigetta, App. Salerno, 8 luglio 2021, n. 1024)

Mediazione civile e commerciale

Procedimento civile – Mediazione civile e commerciale – Procedimento di mediazione obbligatoria – Domanda di mediazione – Contenuto minimo – Violazione – Improcedibilità della domanda giudiziale – Fattispecie relativa a giudizio di impugnazione di delibera assembleare condominiale.

 

La disposizione di cui all’art. 4, comma 2, del D.lgs. n. 28 del 2010, a mente della quale “…La domanda di mediazione deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa…” impone una simmetria tra fatti narrati in sede di mediazione e fatti esposti in sede processuale, almeno per quelli principali, dovendosi, diversamente, dichiararsi l’improcedibilità della domanda giudiziale, per mancato assolvimento della condizione prevista dal legislatore. Invero, tale contenuto minimo risponde all’esigenza di rendere fattiva la soluzione alternativa e/conciliativa della controversia anche e solo nell’intento di provocare una contrazione del “thema decidendum” nella fase successiva processuale. In particolare, nel giudizio di impugnazione di una delibera assembleare condominiale, soggetto al procedimento di mediazione obbligatoria, la domanda di mediazione, al pari degli atti processuali, per essere considerata valida ed efficace, deve necessariamente indicare la delibera oggetto d’impugnativa, l’enunciazione del provvedimento (nullità e annullabilità), che si intende richiedere al giudice in ipotesi di fallimento della conciliazione, nonché la sintetica indicazione dei motivi di impugnazione (“causa petendi”) (Nel caso di specie, avendo il condomino attore indicato quale oggetto della domanda, genericamente, “… impugnativa di delibera assembleare…” senza individuare e specificare a quali delle tante delibere del Condominio chiamato far riferimento, il giudice adito ha ritenuto la procedura di mediazione obbligatoria promossa prima di incardinare il giudizio, non validamente espletata, dichiarando, di conseguenza, improcedibile la domanda attorea).

Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sezione IV civile, sentenza 31 luglio 2024, n. 3071

Giudice Verolla – (Dichiara improcedibilità del giudizio)

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Procedimento civile – Mediazione civile e commerciale – Procedimento di mediazione obbligatoria – Rappresentanza delle parti – Conferimento del potere rappresentativo – Presupposti – Presenza di “giustificati motivi” – Necessità – Inosservanza – Improcedibilità del giudizio.

In tema di rappresentanza delle parti nel procedimento di mediazione, dalla previsione del nuovo art. 8, comma 4, del D.lgs. n. 28 del 2010, a mente della quale, testualmente, “…le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione. In presenza di giustificati motivi possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia…” consegue che l’assenza di cause giustificative non è più consentita. Invero, il legislatore, nell’ottica di favorire il più possibile la partecipazione personale delle parti, ad evidente beneficio della effettività del tentativo di mediazione, ha voluto introdurre una limitazione alla possibilità di delega, rendendola ammissibile, e quindi legittima, ma solo in presenza di “giustificati motivi” (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia bancaria, rilevata l’assenza di valide e comprovate ragioni in ordine alla mancata partecipazione personale delle parti nel procedimento di mediazione, non essendo stati dimostrati i fattori dello stabile impedimento, ha dichiarato improcedibile la domanda attorea).

Tribunale di Firenze, Sezione III civile, sentenza 29 luglio 2024, n. 2500

Giudice Samà – (Dichiara improcedibilità del giudizio)

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Procedimento civile – Mediazione civile e commerciale – Procedimento di mediazione obbligatoria – Domanda di mediazione – Competenza per territorio degli organismi di mediazione – Presentazione presso un organismo territorialmente incompetente – Conseguenze – Improcedibilità della domanda giudiziale – Attivazione e svolgimento della mediazione in modalità telematica – Osservanza della regola della competenza – Necessità.

La domanda di mediazione obbligatoria presentata unilateralmente dinanzi ad un organismo che non è competente per territorio, perché non ha la propria sede nel luogo del giudice territorialmente competente, non produce alcun effetto; tale competenza territoriale, infatti, è derogabile solamente su accordo delle parti, che possono rivolgersi, con domanda congiunta, ad altro organismo. A tal fine, non rileva che la mediazione si svolga con modalità telematica, stante che la possibilità di parteciparvi anche per tale via è rimessa alla volontà di chi è chiamato, non potendo essere strumentalmente utilizzata da chi introduce il procedimento per derogare al disposto dell’art. 4, comma 1, del D.lgs. n. 28 del 2010, trattandosi di una mera modalità di svolgimento dell’incontro che non può incidere o vanificare la regola di competenza sancita dalla citata disposizione, derogabile, come detto, esclusivamente su accordo delle parti.

Tribunale di Agrigento, Sezione civile, sentenza 22 luglio 2024, n. 1091

Giudice Cordaro – (Dichiara improcedibilità del giudizio)

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Procedimento civile – Mediazione civile e commerciale – Procedimento di mediazione obbligatoria – Condizione di procedibilità della domanda – Avveramento – Presupposti – Avvio della mediazione nel termine di quindici giorni assegnato dal giudice – Irrilevanza – Utile esperimento entro l’udienza di rinvio della mediazione – Rilevanza – Fattispecie relativa a giudizio di impugnazione di delibera assembleare condominiale.

In tema di mediazione obbligatoria, ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità, ciò che rileva non è l’avvio della stessa nel termine di quindici giorni assegnato dal giudice, ma l’utile esperimento, entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice medesimo, della procedura, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l’accordo (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio d’impugnazione di una delibera assembleare condominiale soggetto al D.lgs. n. 28 del 2010 nel testo in vigore “ratione temporis”, il giudice adito ha dichiarato improcedibile la domanda essendosi il condomino attore limitato a richiedere un termine per la presentazione della richiesta di avvio della procedura conciliativa mediante note di trattazione scritta depositate solo cinque giorni prima della data dell’udienza di rinvio-verifica disposta con ordinanza in corso di causa).

Tribunale di Roma, Sezione V civile, sentenza 2 luglio 2024, n. 11205

Giudice Cavallo – (Dichiara improcedibilità del giudizio)

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Procedimento civile – Mediazione civile e commerciale – Procedimento di mediazione delegata dal giudice –  Domanda di condanna al pagamento di prestazioni professionali proposta nei confronti di un Condominio – Domanda riconvenzionale “trasversale” di manleva spiegata dal Condominio confronti di terzi chiamati – Esperimento del tentativo di mediaconciliazione – Necessità – Esclusione – Fondamento.

La condizione di procedibilità prevista dall’art. 5, del D.Lgs. n. 28 del 2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio avente ad oggetto una domanda di condanna al pagamento di prestazioni professionali proposta nei confronti di un Condominio, il giudice d’appello, richiamato l’enunciato principio, ha ritenuto infondata l’eccezione di improcedibilità, sollevata in primo grado dagli eredi di un amministratore condominiale, nelle more del giudizio defunto, rispetto alla domanda di garanzia con la quale il Condominio medesimo aveva chiesto di essere manlevato da ogni responsabilità nell’ipotesi di accoglimento della domanda attorea. Infatti, a fronte dell’infruttuoso esperimento del tentativo di mediazione delegata dal giudice di prime cure da parte dell’attore nei confronti del Condominio convenuto, quest’ultimo, secondo l’impostazione ermeneutica tracciata di recente dalle Sezioni Unite della S.C., non era tenuto ad esperire, a sua volta, la procedura conciliativa nei confronti dei terzi chiamati, verso i quali aveva formulato una domanda riconvenzionale c.d. “trasversale” di manleva in caso di condanna).

Tribunale di Salerno, Sezione II civile, sentenza 10 giugno 2024, n. 3009

Giudice D’Ambrosio – (Accoglie appello)

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Procedimento civile – Mediazione civile e commerciale – Procedimento di mediazione obbligatoria – Condominio negli edifici – Giudizio di impugnazione di delibera assembleare – Domanda di mediazione – Impedimento del termine di decadenza – Decorrenza del nuovo termine.

In tema di mediazione obbligatoria, se è vero che il secondo comma del vigente art. 8 del D.lgs. n. 28 del 2010, non contiene più, rispetto alla precedente formulazione, l’inciso secondo cui, testualmente, “… ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo…” è altrettanto vero che una lettura razionale, logica e complessiva del nuovo D.lgs. n. 28 del 2010, consente di interpretare la norma in correlazione con il quarto comma dell’art. 5, il quale sancisce che: “…Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo di conciliazione…” nel senso che un nuovo termine di trenta giorni può decorrere solo se si conosce l’esito del tentativo di mediazione, restando altrimenti frustrata e vanificata la “ratio” dell’intera legge (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di impugnazione di una delibera assembleare condominiale, il giudice adito ha ritenuto infondata l’eccezione di decadenza formulata dal Condominio convenuto, in quanto, nella circostanza, l’atto di citazione era stato notificato a quest’ultimo nel rispetto dei trenta giorni previsti dall’art. 1137 c.c. decorrenti solo dalla data di deposito del verbale di esito negativo del procedimento di mediazione avviato dall’attore prima di promuovere l’azione giudiziaria).

Tribunale di Napoli, Sezione IV civile, sentenza 15 marzo 2024, n. 2977

Giudice Tango – (Accoglie parzialmente domande attoree)

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Procedura Civile

Procedimento civile – Notificazioni – A mezzo del servizio postale – Relazione di notificazione – Attestazione dell’agente postale – Natura – Contestazione del relativo contenuto – Proposizione querela di falso – Necessità – Fondamento.

Nella notificazione a mezzo del servizio postale, l’attestazione sull’avviso di ricevimento con la quale l’agente postale dichiara di avere eseguito la notificazione ai sensi dell’art. 8 della legge n. 890 del 1982 fa fede fino a querela di falso, in quanto tale notificazione è un’attività compiuta, per delega, dall’ufficiale giudiziario, il quale, in forza dell’art. 1 della citata legge n. 890, è autorizzato ad avvalersi del servizio postale per l’attività notificatoria che è stato incaricato di eseguire. Ne consegue, da un lato, che l’avviso di ricevimento, a condizione che sia sottoscritto dall’agente postale, per le attività che risultano in esso compiute, gode di forza certificatoria fino a querela di falso e, dall’altro, che il destinatario di un avviso di ricevimento che affermi di non avere mai ricevuto l’atto e, in particolare, di non aver mai apposto la propria firma sullo stesso avviso, ha l’onere, se intende contestare l’avvenuta esecuzione della notificazione, di impugnare l’avviso di ricevimento a mezzo di querela di falso (Nel caso di specie, ribadito l’enunciato principio, la S.C. ha ritenuto incensurabile la decisione gravata con la quale la corte territoriale aveva confermato, anche in sede di gravame, la regolarità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio nei confronti dell’odierno ricorrente, dichiarato dal giudice di prime cure contumace, nonché la valida costituzione del contraddittorio).

Corte di cassazione, Sezione L civile, Ordinanza 9 settembre 2024, n. 24099

Pres. Leone – Rel. Cinque – (Rigetta, App. Catanzaro, 28 febbraio 2023, n. 261)

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Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Riforma parziale della pronuncia di primo grado – Nuova pronuncia sulle spese da parte del giudice dell’impugnazione – Ammissibilità – Condizioni – Limiti – Fattispecie relativa ad azione di risarcimento danni derivanti da sinistro stradale.

In tema di impugnazioni, il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite, laddove, in caso di conferma della decisione impugnata la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione. Tuttavia, anche in ragione dell’operare del c.d. effetto espansivo interno di cui all’art. 336, primo comma, c.p.c., l’accoglimento parziale del gravame della parte vittoriosa in cui favore il giudice di primo grado abbia emesso condanna alla rifusione delle spese di lite non comporta, in difetto di impugnazione sul punto, la caducazione di tale condanna, sicché la preclusione nascente dal giudicato impedisce al giudice dell’impugnazione di modificare la pronuncia sulle spese della precedente fase di merito, qualora egli abbia valutato la complessiva situazione sostanziale in senso più favorevole alla parte vittoriosa in primo grado (Nel caso di specie, relativo ad una azione di risarcimento danni derivanti da un sinistro stradale, la S.C., riaffermati gli enunciati principi, ha cassato la pronuncia impugnata in quanto, nella circostanza, il giudice d’appello, dopo aver parzialmente riformato la sentenza di prime cure incrementando l’ambito della liquidazione, pur in assenza di impugnazione incidentale sul capo relativo alle spese di lite, aveva poi provveduto alla compensazione di quelle del primo grado nella misura di 1/3, per la parziale soccombenza reciproca, ponendo il residuo a carico degli appellati).

Corte di cassazione, Sezione III civile, Ordinanza 5 settembre 2024, n. 23943

Pres. Frasca – Rel. Simone – (Cassa senza rinvio, App. Firenze, 28 ottobre 2020, n. 2018)

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Procedimento civile – Difensori – Divieto del c.d. “patto di quota lite” tra l’avvocato ed il cliente – Fondamento – Portata – Individuazione.

Il divieto del c.d. “patto di quota lite” tra l’avvocato ed il cliente, trova il suo fondamento nell’esigenza di assoggettare a disciplina il contenuto patrimoniale di un peculiare rapporto di opera intellettuale, al fine di tutelare l’interesse del cliente e la dignità della professione forense, che risulterebbe pregiudicata tutte le volte in cui, nella convenzione concernente il compenso, sia ravvisabile la partecipazione del professionista agli interessi economici finali ed esterni alla prestazione richiestagli. Ne consegue che il patto di quota lite va ravvisato non soltanto nell’ipotesi in cui il compenso del legale sia commisurato ad una parte dei beni o crediti litigiosi, ma anche qualora tale compenso sia stato convenzionalmente correlato al risultato pratico dell’attività svolta, realizzandosi, così, quella non consentita partecipazione del professionista agli interessi pratici esterni della prestazione. Coerentemente con la “ratio” del divieto, infatti, accentuando il distacco dell’avvocato dagli esiti della lite, diminuisce la portata dell’eventuale commistione di interessi tra il cliente e l’avvocato medesimo (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata per avere il giudice del merito ritenuto valido l’accordo nonostante il compenso dell’avvocato fosse stato parametrato non al valore presunto della controversia, determinabile, in via approssimativa, già al momento del conferimento dell’incarico, ma al risultato raggiunto all’esito del giudizio, mediante il riconoscimento di una percentuale dell’importo che l’odierna ricorrente avrebbe percepito dalla controparte datoriale a titolo di retribuzioni intermedie dalla data dell’illegittimo licenziamento fino alla data di reintegra).

Corte di cassazione, Sezione II civile, Sentenza 4 settembre 2024, n. 23738

Pres. Manna – Rel. Giannaccari – (Cassa con rinvio, Trib. Trieste, 2 dicembre 2019, n. 3702)

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Procedimento civile – Impugnazioni – Riforma del processo civile – Abrogazione art. 353 c.p.c. – Ricorso contro decisioni di giudici speciali – Negatoria della giurisdizione del giudice ordinario da parte del giudice amministrativo – Cassazione – Rinvio al giudice di primo grado – Esclusione – Enuncia principio di diritto.

In tema di giurisdizione, a seguito dell’abrogazione dell’art. 353 c.p.c., nel caso in cui la sentenza del giudice amministrativo di appello che abbia ritenuto esistente la giurisdizione del giudice amministrativo sia cassata in ragione dell’accertata giurisdizione del giudice ordinario, il giudizio deve essere riassunto avanti al giudice ordinario di appello, e non avanti a quello di primo grado.

Corte di cassazione, Sezioni unite civili, Ordinanza 4 settembre 2024, n. 23712

Pres. D’Ascola – Rel. Falabella – (Cassa con rinvio, Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, 4 ottobre 2022, n. 995)

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Procedimento civile – Spese processuali – Appello – Riforma totale o parziale della sentenza impugnata – Nuovo regolamento officioso delle spese di lite – Criterio.

Il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso di un contribuente, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza gravata in quanto il giudice tributario d’appello, anziché procedere ad una regolamentazione unitaria delle spese, aveva confermato la pronuncia di compensazione delle spese di primo grado, in ragione della parziale soccombenza in quel giudizio, e liquidato separatamente le spese del secondo grado).

Corte di cassazione, Sezione T civile, Ordinanza 3 settembre 2024, n. 23648

Pres. Napolitano – Rel. Angarano – (Cassa con rinvio, Commissione Tributaria Regionale del Lazio, 5 ottobre 2016, n. 5779)

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Procedimento civile – Spese processuali – Appello – Soccombenza – Infrazionabilità domanda – Enuncia principio di diritto.

In tema di regolamento delle spese processuali da parte del giudice d’appello, il principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. letto alla luce del principio dell’infrazionabilità della domanda, comporta che nella domanda di condanna alle spese di lite formulata dall’appellante alla condanna della controparte alla refusione delle spese di lite, deve ritenersi implicita la richiesta di regolamento anche di quelle di primo grado, e la soccombenza dev’essere individuata non avuto riguardo ai singoli segmenti (grado e fase) del giudizio, bensì al processo considerato unitariamente “ex post” all’esito della lite decisa dal giudice d’appello.

Corte di cassazione, Sezione T civile, Ordinanza 3 settembre 2024, n. 23639

Pres. Federici – Rel. Gori – (Rigetta, Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, 3 luglio 2017, n. 2577)

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Procedimento civile – Spese processuali – Procedimento di equa riparazione per irragionevole durata del processo – Giudizio di opposizione ex art. 5-ter della legge n. 89 del 2001 – Natura – Rapporti con la fase monitoria – Conseguenze in tema di liquidazione delle spese in sede di opposizione.

L’opposizione di cui all’art. 5-ter della legge n. 89 del 2001 non introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo; sennonché, ove detta opposizione sia proposta dalla parte privata rimasta insoddisfatta dall’esito della fase monitoria e, dunque, abbia carattere pretensivo, le spese di giudizio vanno liquidate in base al criterio della soccombenza, a misura dell’intera vicenda processuale, solo in caso di suo accoglimento, mentre, ove essa venga rigettata, fatta salva l’ipotesi di opposizione incidentale da parte dell’amministrazione, le spese vanno regolate in maniera del tutto autonoma e poste, pertanto, anche a carico integrale della parte privata opponente, ancorché essa abbia diritto a ripetere quelle liquidate nel decreto, in quanto il Ministero opposto, avendo prestato acquiescenza al decreto medesimo, affronta un giudizio che non aveva interesse a provocare e del quale, se vittorioso, non può sopportare le spese.

Corte di cassazione, Sezione II civile, Ordinanza 3 settembre 2024, n. 23596

Pres. Manna – Rel. Papa – (Cassa senza rinvio, App. Salerno, 19 luglio 2022, n. 2387)

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Procedimento civile – Giudizio per l’equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo – Accoglimento della domanda di indennizzo sulla base di moltiplicatore annuo diverso da quello richiesto dalla parte – Soccombenza reciproca agli effetti della regolamentazione delle spese processuali – Esclusione – Fondamento.

Nel procedimento di equa riparazione, ai sensi della Iegge 24 marzo 2001, n. 89, la liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore a quella richiesta dalla parte, per l’applicazione, da parte del giudice, di un moltiplicatore annuo diverso da quello invocato dall’attore, non integra un’ipotesi di accoglimento parziale della domanda che legittima la compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., poiché, in assenza di strumenti di predeterminazione anticipata del danno e del suo ammontare, spetta al giudice individuare in maniera autonoma l’indennizzo dovuto, secondo criteri che sfuggono alla previsione della parte, la quale, nel precisare l’ammontare della somma richiesta a titolo di danno non patrimoniale, non completa il “petitum” della domanda sotto il profilo quantitativo, ma soltanto sollecita, a prescindere dalle espressioni utilizzate, l’esercizio di un potere ufficioso di liquidazione (Nel caso di specie, rilevato che la statuizione di compensazione parziale delle spese non risultava conforme ai principi suesposti, la S.C. ha cassato il decreto impugnato e, decidendo nel merito, disposto una nuova regolamentazione delle stesse).

Corte di cassazione, Sezione II civile, Ordinanza 3 settembre 2024, n. 23573

Pres. Manna – Rel. Papa – (Cassa senza rinvio, App. Salerno, 15 aprile 2022, n. 1266)

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Procedimento civile – Giudizio per l’equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo – Diritto all’equa riparazione – Ipotesi di irrisorietà della pretesa o del valore della causa – Pretesa di entità minima – Indennizzabilità – Esclusione – Fondamento.

In tema di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, ai sensi dell’art. 2, comma 2-sexies, lett. g), della Legge n. 89 del 2001, si presume insussistente il pregiudizio, salvo prova contraria, nel caso di irrisorietà della pretesa o del valore della causa, valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte. In particolare, in base al principio “de minimis non curat praetor”, recepito dalla Corte Europea dei diritti, non è indennizzabile la violazione che non raggiunga una soglia minima di gravità, presumendosi, in tali casi, anche sulla base della teoria del danno evento, che l’irragionevole durata del giudizio non abbia raggiunto la soglia di gravità tale da giustificare l’esistenza di un concreto pregiudizio (Nel caso di specie, richiamati gli enunciati principi, la S.C. ha ritenuto incensurabile l’ordinanza impugnata con la quale corte d’appello, conformandosi  all’interpretazione convenzionalmente orientata della legge n. 89 del 2001, aveva escluso qualsivoglia reale pregiudizio a danno della ricorrente attesa la scarsissima rilevanza della posta in gioco relativa al giudizio presupposto, e pari a soli euro 450,00).

Corte di cassazione, Sezione II civile, Ordinanza 3 settembre 2024, n. 23563

Pres. Falaschi – Rel. Giannaccari – (Rigetta, App. Catania, 15 febbraio 2022, n. 555)

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Procedimento civile – Competenza – Per territorio – Azione pauliana – Determinazione – Criteri – Fattispecie in tema di affitto di azienda.

La competenza per territorio sulla domanda di revocazione proposta ai sensi dell’art. 2901 c.p.c., essendo questa relativa ad una obbligazione da tutelare attraverso la dichiarazione di inefficacia (relativa) del negozio che si assume fraudolentemente posto in essere, deve essere determinata in base ai criteri di collegamento alternativamente previsti dagli artt. 18-20 c.p.c., con la conseguenza che anche in queste controversie l’eccezione di incompetenza non può essere limitata al foro generale del convenuto ma, come in ogni altra controversia relativa a diritti di obbligazione, deve investire tutti i predetti criteri di collegamento astrattamente applicabili (Nel caso di specie, richiamato l’enunciato principio, la S.C. ha accolto il ricorso necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. proposto da un istituto di credito e dichiarato il tribunale adito competente a conoscere della domanda di inefficacia di una contratto di affitto di azienda stipulato tra le due società odierne intimate).

Corte di cassazione, Sezione III civile, Ordinanza 2 settembre 2024, n. 23529

Pres. Frasca – Rel. Rossello – (Dichiara competenza, Trib. Pesaro, 14 ottobre 2022, n. 688)

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Procedimento civile – Competenza – Per territorio – Accordo delle parti – Carattere di esclusività attribuito al foro convenzionalmente prescelto – Condizioni – Pattuizione espressa – Necessità.

La designazione convenzionale di un foro, in deroga a quello territoriale stabilito dalla legge, attribuisce al foro designato dalle parti la competenza esclusiva soltanto se risulta, ai sensi dell’art. 29, comma 2, del codice di rito, un’enunciazione espressa, che non può trarsi quindi da argomenti presuntivi e non deve lasciare adito ad alcun dubbio sulla comune intenzione delle parti di escludere la competenza dei fori ordinari (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia di compravendita mobiliare, la S.C., richiamato l’enunciato principio, ha ritenuto inapplicabile la clausola contrattuale a mente della quale testualmente “… Per qualsiasi controversia si adirà l’autorità giudiziaria competente nel territorio della ditta venditrice…”).

Corte di cassazione, Sezione II civile, Ordinanza 2 settembre 2024, n. 23457

Pres. Di Virgilio – Rel. Amato – (Dichiara competenza, Trib. Catania, 22 novembre 2023, n. 4754)

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