Rassegna giurisprudenziale N. 6

30 Luglio, 2024

Notiziario Giurisprudenziale N.6 del 30 Luglio 2024

Arbitrato

Procedimento civile – Arbitrato – Compenso – Collegio arbitrale a composizione mista – Liquidazione del compenso – Ricorso alle tabelle forensi in via equitativa – Ammissibilità – Applicazione nella loro integrità – Necessità.

In tema di arbitrato, in caso di collegio arbitrale a composizione mista, se, da un lato, non sussiste l’obbligo di fare applicazione della tariffa forense (a meno che il collegio arbitrato sia composto da soli avvocati) questa ben può comunque essere applicata in via equitativa, essendo il giudice libero di scegliere, secondo il suo prudente apprezzamento, i criteri equitativi di valutazione che ritenga più adeguati all’oggetto ed al valore della controversia, nonché alla natura ed all’importanza dei compiti attribuiti agli arbitri, anche attraverso il ricorso, ma solo come utile parametro di riferimento, alle tariffe di alcune categorie professionali; tuttavia, una volta scelto di adeguarsi alle tariffe legali, queste devono essere applicate nella loro integrità (Nella specie, la S.C., nel riaffermare l’enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata osservando che se il giudice del merito decide di applicare in via equitativa, per la determinazione del compenso degli arbitri, le tabelle forensi, non può astenersi dall’applicare i criteri generali di liquidazione dei compensi che riguardano gli avvocati, e, in particolare, con riferimento alle tabelle vigenti “ratione temporis”, l’art. 23 comma, comma 1, del D.M. 55/2014, secondo cui “…Se più avvocati sono stati incaricati di prestare la loro opera nel medesimo affare, a ciascuno di essi si liquidano i compensi per l’opera prestata…”).

Corte di cassazione, Sezione I civile, Ordinanza 23 luglio 2024, n. 20349

Pres. Valitutti – Rel. Fidanzia – (Cassa con rinvio, App. Caltanissetta, 3 maggio 2019, n. 191)

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Mediazione civile e commerciale

Procedimento civile – Mediazione civile e commerciale – Procedimento di mediazione obbligatoria –   Controversie condominiali – Impugnazione delibere assembleari – Termine decadenziale ex art. 1137 c.c. – Impedimento – Momento rilevante – Data di deposito della domanda di mediazione – Idoneità – Esclusione – Data di comunicazione della domanda di mediazione alla controparte – Rilevanza esclusiva.

In tema di mediazione obbligatoria, l’art. 5, comma 6, del D.lgs. n. 28 del 2010, nel testo in vigore “ratione temporis” prevede espressamente che è dalla data di comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione che si producono gli effetti della domanda giudiziale sulla prescrizione e che, dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce parimenti la decadenza. Ne consegue che, in caso di giudizio d’impugnazione di una delibera dell’assemblea condominiale, al fine di impedire la decadenza dal diritto d’impugnazione ex art. 1137 c.c., non rileva la data di deposito della domanda di mediazione, bensì quella in cui tale domanda è stata comunicata alla controparte (Nella specie, accogliendo l’eccezione di tardività sollevata dal Condominio convenuto, il giudice adito, rilevato che l’istanza di mediazione, pur depositata tempestivamente, era stata tuttavia comunicata all’amministratore dopo il decorso del termine stabilito dall’art. 1137 c.c., ha ritenuto inammissibile la domanda per intervenuta decadenza dal diritto di proporre impugnazione).

Tribunale di Teramo, Sezione civile, sentenza 7 giugno 2024, n. 638

Giudice d’Adamo – (Dichiara inammissibile la domanda)

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Procedimento civile – Mediazione civile e commerciale – Procedimento di mediazione obbligatoria –  Condizione di procedibilità della domanda – Giudizio pendente – Mediazione non esperita o non conclusa – Ruolo e poteri-doveri del giudice – Disciplina applicabile – Individuazione – Fattispecie in materia locatizia.

In tema di mediazione obbligatoria, il vigente art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 28 del 2010, così come novellato dal D.lgs. n. 149 del 2022 (c.d. “Riforma Cartabia”), non prevede più l’assegnazione del termine di quindici giorni per l’introduzione del procedimento di mediazione, come invece il previgente art. 5, comma 1-bis, del medesimo D.lgs. n. 28 del 2010, ma semplicemente che “…il giudice, quando rileva che la mediazione non è stata esperita o è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6…” (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di opposizione ad un procedimento di intimazione di sfratto per finita locazione, il giudice adito, ritenuta applicabile la nuova disciplina, ha ritenuto infondata l’eccezione di improcedibilità sollevata dal convenuto intimato per omesso esperimento, da parte dell’attore intimante, del procedimento di mediazione obbligatoria nel predetto termine).

Tribunale di Treviso, Sezione III civile, sentenza 30 maggio 2024, n. 1160

Giudice Baggio – (Accoglie domanda)

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Procedimento civile – Mediazione civile e commerciale – Mediazione c.d. “concordata” –  Clausola di mediazione che impone alle parti di agire in giudizio solo dopo l’infruttuoso esperimento del tentativo di mediazione – Violazione – Conseguenze – Fattispecie relativa a giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

In tema di mediazione c.d. concordata, ove il chiaro tenore letterale di una clausola contrattuale evidenzi la comune volontà dei contraenti di sottoporre obbligatoriamente all’organo di mediazione individuato ogni eventuale controversia derivante dal contratto prima di adire, in qualunque forma, l’autorità giudiziaria, la violazione di tale disciplina pattizia, attuata mediante la proposizione di un’azione giudiziaria – anche in via monitoria – determina l’improponibilità della domanda giudiziale (Nella specie, a fronte di una clausola del seguente tenore “… Le parti sottoporranno tutte le controversie derivanti dal presente contratto o collegate ad esso – ivi comprese quelle relative alla sua interpretazione, validità, efficacia, esecuzione e risoluzione – al tentativo di mediazione (di seguito “la Mediazione”) presso il servizio di conciliazione della Camera Arbitrale di Milano e, secondo le disposizioni del suo regolamento, che le parti espressamente dichiarano di conoscere e di accettare integralmente. Le parti si impegnano a ricorrere alla mediazione prima di iniziare qualsiasi procedimento giudiziale. Qualora le parti non dovessero addivenire ad una soluzione bonaria … il foro di Parma…”, il giudice adito, accogliendo l’eccezione sollevata dall’opponente, ha dichiarato improponibile la domanda monitoria e revocato il decreto ingiuntivo opposto).

Tribunale di Parma, Sezione II civile, sentenza 30 maggio 2024, n. 826

Giudice Ferrari – (Dichiara improponibilità della domanda)

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Procedimento civile – Mediazione civile e commerciale – Procedimento di mediazione obbligatoria –  Controversie in materia di locazione – Procedimento di intimazione di sfratto per morosità – Giudizio di opposizione – Mediazione obbligatoria – Omesso esperimento da parte dell’intimante-opposto – Conseguenze.

Nel giudizio di opposizione al procedimento di intimazione di sfratto per morosità, il mancato esperimento, da parte dell’intimante opposto, della mediazione obbligatoria disposta dal giudice a seguito del mutamento di rito comporta l’improcedibilità della domanda proposta con l’intimazione e la revoca dell’ordinanza provvisoria di rilascio dell’immobile locato pronunciata ex art. 665 c.p.c. (Nella specie, rilevato che alla data dell’udienza di rinvio-verifica erano trascorsi quasi sei mesi dall’ordinanza con la quale era stato disposto il mutamento del rito e la mediazione obbligatoria, il giudice adito ha disatteso la richiesta di rimessione in termini avanzata dall’intimante opposto, in quanto non suffragata da alcuna motivazione, e dichiarato l’improcedibilità della domanda, revocando, di conseguenza, anche l’ordinanza provvisoria di rilascio dell’immobile locato in quanto irrimediabilmente travolta dalla pronuncia in rito).

Tribunale di Arezzo, Sezione civile, sentenza 12 aprile 2024, n. 397

Giudice Mattielli – (Dichiara improcedibilità della domanda)

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Procedura Civile

Procedimento civile – Difensori – Onorario – Attività stragiudiziale – Assistenza di due parti prestata dall’avvocato nella predisposizione di un contratto – Presunzione di solidarietà passiva – Operatività – Fondamento.

La presunzione di solidarietà passiva opera anche nell’ipotesi di obbligazione plurisoggettiva che lega due parti contraenti all’avvocato che ha prestato ad esse ausilio nella predisposizione del contratto, in quanto ne sussistono entrambi i presupposti dell’identità della fonte, siccome proveniente dalla medesima fattispecie negoziale, e dell’unicità della prestazione, stante l’identità della stessa per entrambe le parti.

Corte di cassazione, Sezione II civile, Ordinanza 26 luglio 2024, n. 20922

Pres. Manna – Rel. Pirari – (Cassa senza rinvio, App. Bologna, 28 settembre 2018, n. 2391)

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Procedimento civile – Competenza – Accordo delle parti – Clausola di elezione convenzionale del foro esclusivo – Richiamo pattizio alla disciplina fissata in un distinto documento – Efficacia – Condizioni – Conseguenze.

È efficace una clausola di elezione convenzionale del foro esclusivo pattuita attraverso il richiamo esplicito alla disciplina fissata in un distinto documento unilateralmente predisposto, ove il rinvio sia effettuato dalle parti contraenti sulla premessa della piena conoscenza di tale documento, e la clausola sia specificamente sottoscritta dall’altro contraente, che abbia dichiarato di averne preso visione e di approvarne il contenuto, attribuendosi, in tal modo, alle previsioni di quella disciplina il valore di clausole concordate.

Corte di cassazione, Sezione III civile, Ordinanza 25 luglio 2024, n. 20819

Pres. Frasca – Rel. Rossetti – (Dichiara competenza, Trib. Trapani, 14 settembre 2023, n. 6359)

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Procedimento civile – Sentenza – Contenuto – Data di deliberazione – Erronea indicazione – Nullità della sentenza – Esclusione – Mero errore materiale – Configurabilità – Conseguenze.

Se la data di deliberazione riportata in calce ad una sentenza collegiale è anteriore alla scadenza dei termini ex art. 190 c.p.c., ma la data di pubblicazione – che segna il momento in cui la decisione viene ad esistenza – è successiva a detta scadenza, si presume, in assenza di contrari elementi, che l’indicata data di deliberazione sia affetta da semplice errore materiale e che, pertanto, il processo deliberativo si sia correttamente svolto mediante l’esame degli scritti difensivi depositati, senza alcun pregiudizio del diritto di difesa delle parti.

Corte di cassazione, Sezione I civile, Ordinanza 24 luglio 2024, n. 20588

Pres. Valitutti – Rel. Parise – (Rigetta, App. Lecce, 3 aprile 2020, n. 314)

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Procedimento civile – Spese processuali – Rimborso delle spese sostenute dal terzo chiamato – Incidenza sull’attore – Configurabilità – Condizioni – Valutazione della palese infondatezza o arbitrarietà nella chiamata in causa – Necessità.

In forza del principio di causazione – che, unitamente a quello di soccombenza, regola il riparto delle spese di lite – il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore qualora la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda; il rimborso rimane, invece, a carico della parte che ha chiamato o fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa del chiamante, rivelatasi manifestamente infondata o palesemente arbitraria, concreti un esercizio abusivo del diritto di difesa (Nella specie, nel riaffermare l’enunciato principio, la Suprema Corte, rilevato che la chiamata in giudizio del terzo era nella circostanza da ritenersi ingiustificata non già per colpa dell’attrice, ma del convenuto, ha cassato la decisione impugnata e, decidendo nel merito, dichiarato tenuto alla rifusione delle spese del secondo grado, nei confronti del predetto terzo chiamato e della compagnia assicuratrice, il solo originario convenuto).

Corte di cassazione, Sezione III civile, Ordinanza 24 luglio 2024, n. 20498

Pres. Scrima – Rel. Cricenti – (Cassa senza rinvio, App. Bologna, 2 agosto 2021, n. 1981)

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Procedimento civile – Ausiliari del giudice – Liquidazione del compenso – Opposizione avverso il decreto di liquidazione del compenso del c.t.u. ex art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002 – Termine di proposizione – Trenta giorni.

L’opposizione ex art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002 avverso il decreto di liquidazione del compenso del CTU va proposta entro il termine di trenta giorni stabilito in via generale per il riesame dei provvedimenti adottati in prima istanza nell’ambito di procedure riconducibili allo schema del rito sommario (Nella specie, ribadito l’enunciato principio, la S.C. ha cassato con rinvio l’ordinanza impugnata, in quanto, nella circostanza, pur essendo stata l’opposizione proposta il ventisettesimo giorno dall’avvenuta comunicazione del decreto, il giudice del merito, anziché giudicarla tempestiva, l’aveva ritenuta tardiva con conseguente declaratoria d’inammissibilità).

Corte di cassazione, Sezione II civile, Ordinanza 23 luglio 2024, n. 20377

Pres. Mocci – Rel. Pirari – (Cassa con rinvio, CTR, Liguria, 6 maggio 2021)

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Procedimento civile – Spese processuali – Liquidazione ex D.M. n. 55/2014 – Fase decisionale – Rilevanza dell’omesso deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica – Esclusione – Fondamento.

In tema di liquidazione delle spese di lite, qualora non siano state depositate le comparse conclusionali e le memorie di replica, spetta comunque il riconoscimento dei compensi per la fase decisionale, in quanto essa, ai sensi dell’art. 4, comma 5, lett. d), del d.m. n. 55 del 2014, ricomprende un’ampia serie di attività, tra cui la precisazione delle conclusioni e l’esame del provvedimento conclusivo del giudizio.

Corte di cassazione, Sezione III civile, Ordinanza 22 luglio 2024, n. 20092

Pres. Scrima – Rel. Porreca – (Rigetta, App. Catanzaro, 25 marzo 2020, n. 394)

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Procedimento civile – Spese processuali – Spese sostenute dal terzo chiamato – Condanna alla rifusione a carico dell’attore soccombente – Legittimità – Assenza di domande da parte dell’attore nei confronti del terzo chiamato – Irrilevanza – Fondamento.

Le spese sostenute dal terzo chiamato in causa su istanza di parte o d’ufficio, quando non ricorrano giusti motivi per la compensazione, sono legittimamente poste a carico dell’attore soccombente, a nulla rilevando che questi non abbia formulato domanda alcuna nei confronti dello stesso terzo evocato in giudizio. Invero, indipendentemente dalla circostanza che la chiamata del terzo (o dei terzi) sia dettata da ragioni di garanzia propria o impropria, la giustificazione della condanna dell’attore soccombente al rimborso delle spese di lite in favore del terzo chiamato (o dei terzi chiamati) deve farsi risalire all’applicazione del principio di causalità ogniqualvolta la necessità della chiamata del terzo sia emersa a seguito dell’instaurazione della causa e la partecipazione del terzo appaia indispensabile al fine di soddisfare le ragioni di difesa (diretta o indiretta) della parte convenuta (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la decisione gravata con la quale la corte territoriale, nel rigettare la domanda proposta dalla compagnia di assicurazione ricorrente, aveva confermato, ribadendola per le spese relative al grado d’appello, la condanna pronunciata a carico della stessa per il rimborso delle spese di lite anche in favore dei terzi originariamente chiamati in causa da altra compagnia assicurativa al fine di procedere all’eventuale riparto del massimale assicurativo disponibile in caso di suo superamento).

Corte di cassazione, Sezione III civile, Ordinanza 19 luglio 2024, n. 19940

Pres. Frasca – Rel. Dell’Utri – (Rigetta, App. Milano, 17 dicembre 2021, n. 3666)

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Procedimento civile – Spese processuali – Terzo chiamato in garanzia dal convenuto – Rimborso delle spese di lite – Incidenza sull’attore o sul convenuto – Condizioni rispettive – Individuazione.

In forza del principio di causazione (che, unitamente a quello di soccombenza, regola il riparto delle spese di lite), il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto resta a carico di quest’ultimo soltanto nel caso in cui la sua iniziativa sia configurabile come esercizio abusivo del diritto di difesa, essendosi rivelata manifestamente infondata o palesemente arbitraria, mentre ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore e le stesse siano risultate infondate, dev’essere posto a carico dell’attore, senza che assuma alcun rilievo, in contrario, la circostanza che l’attore non abbia proposto alcuna domanda nei confronti del terzo (Nella specie, la S.C. ha confermato la condanna della ricorrente al rimborso delle spese sostenute dal terzo chiamato in quanto, nella circostanza, la domanda proposta nei confronti della convenuta, che aveva poi comportato la chiamata in causa del predetto terzo, si era rivelata inammissibile, non avendo la ricorrente medesima confutato le argomentazioni del primo giudice, che aveva ritenuto la domanda infondata).

Corte di cassazione, Sezione I civile, Ordinanza 18 luglio 2024, n. 19811

Pres. Valitutti – Rel. Mercolino – (Rigetta, App. Roma, 19 maggio 2020, n. 2414)

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Procedimento civile – Spese processuali – Potere di compensazione da parte del giudice – Presupposti – Censurabilità in sede di legittimità – Condizioni.

In tema di spese processuali, resta censurabile in sede di legittimità la coerenza e la razionalità della motivazione con cui il giudice di merito abbia sorretto la “compensazione” delle stesse, risultando suscettibile di cassazione la motivazione palesemente illogica, inconsistente o manifestamente erronea. In particolare, la compensazione delle spese di lite – oltre che per soccombenza reciproca – è prevista solo “nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”, ovvero in presenza (grazie, appunto, all’intervento della Corte delle leggi) di “analoghe” gravi ed eccezionali ragioni, da ravvisare “nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni” (cioè, quelle trattate in giudizio) “di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92, comma 2, c.p.c.” (Nella specie, riaffermati gli enunciati principi, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata per avere, nella circostanza, il giudice del merito motivato l’integrale compensazione delle spese di lite, quanto al rapporto processuale dedotto in giudizio, sul presupposto, testualmente, “… dell’intervenuto mutamento della giurisprudenza di Sezione…” in ordine alla validità della procura alle liti…”).

Corte di cassazione, Sezione III civile, Ordinanza 16 luglio 2024, n. 19534

Pres. De Stefano – Rel. Guizzi – (Cassa con rinvio, Trib. Roma, 1° giugno 2022, n. 8712)

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Procedimento civile – Competenza – Foro del consumatore – Contratto di fideiussione – Disciplina consumeristica – Requisiti soggettivi – Parti del contratto principale – Rilevanza – Esclusione – Qualità di consumatore del fideiussore – Fondamento.

Nel contratto di fideiussione, i requisiti soggettivi per l’applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale, come affermato dalla giurisprudenza unionale (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C–74/15, Tarcau, e 14 settembre 2016, in causa C–534/15, Dumitras), dovendo pertanto ritenersi consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio). (Nella specie, accogliendo il motivo di doglianza con cui la ricorrente aveva lamentato l’estraneità del rapporto fideiussorio dedotto in giudizio alla sua attività professionale quale emergente sia dalla quota societaria minoritaria sottoscritta che dalla tipologia delle mansioni svolte quale dipendente, inidonee ad incidere sulla gestione sociale, la S.C. ha affermato la competenza per territorio del Tribunale di Pesaro quale foro inderogabile del consumatore ai sensi degli artt. 28-38 c.p.c. e dell’art. 33 del D.lgs. n. 206 del 2005).

Corte di cassazione, Sezione III civile, Ordinanza 16 luglio 2024, n. 19516

Pres. Frasca – Rel. Iannello – (Dichiara competenza, Trib. Bologna, 24 maggio 2023, n. 1126)

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Procedimento civile – Difensori – Mandato rilasciato da più parti allo stesso difensore – Conflitto d’interessi – Potenzialità – Nozione – Riferimento al concreto rapporto esistente fra le parti – Necessità.

In tema di validità del mandato conferito da più parti al medesimo difensore, benché il conflitto d’interessi possa essere non solo attuale ma anche potenziale, tale potenzialità va intesa non come eventualità astratta, bensì in stretta correlazione con il concreto rapporto esistente tra le parti i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione, con la conseguenza che la tutela degli interessi di un assistito non possa attuarsi senza nocumento per gli interessi dell’altro (Nella specie, la S.C., richiamato l’enunciato principio, ha confermato sul punto la decisione gravata che, nell’ambito di un giudizio di accertamento dell’esistenza di una servitù di non edificare, aveva escluso una contrapposizione di interessi tra una amministrazione comunale ed una fondazione, poiché entrambe avevano proposto, sia pure a titolo diverso, identica domanda di demolizione dell’edificio, non potendosi ravvisare alcun reale conflitto nella circostanza che la prima avesse titolo solo per la demolizione degli ultimi tre piani e la seconda per la demolizione dell’intero edificio, in quanto quest’ultima domanda ricomprendeva la prima, fatte salve le questioni esecutive conseguenti all’eventuale accoglimento della domanda proposta dall’ente locale).

Corte di cassazione, Sezione II civile, Sentenza 16 luglio 2024, n. 19498

Pres. Orilia – Rel. Varrone – (Cassa con rinvio, App. Brescia, 7 giugno 2019, n. 921)

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Procedimento civile – Difensori – Avvocato – Onorari – Determinazione del valore della controversia – Criteri – Riferimento a quanto domandato con l’atto introduttivo del giudizio ovvero a quanto richiesto in sede di impugnazione – Condizioni e limiti – Accoglimento parziale della domanda o dell’impugnazione – Riferimento al contenuto effettivo della decisione – Necessità – Sussistenza.

Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato – in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica dell’art. 6, commi 1 e 2, della Tariffa per le prestazioni giudiziali in materia civile, amministrativa e tributaria avente natura subprimaria regolamentare e quindi soggetta al sindacato di legittimità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – sulla base del criterio del “disputatum” (ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza), tenendo però conto che, in caso di accoglimento solo in parte della domanda ovvero di parziale accoglimento dell’impugnazione, il giudice deve considerare il contenuto effettivo della sua decisione (criterio del “decisum”), salvo che la riduzione della somma o del bene attribuito non consegua ad un adempimento intervenuto, nel corso del processo, ad opera della parte debitrice, convenuta in giudizio, nel quale caso il giudice, richiestone dalla parte interessata, terrà conto non di meno del “disputatum”, ove riconosca la fondatezza dell’intera pretesa (Nella specie, ribadito l’enunciato principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata per avere la corte territoriale reso sul punto della nota spese censurata una motivazione del tutto assertoria ed oscura: invero, il giudice di primo grado, per giustificare la scelta di disattendere la nota spese, avrebbe dovuto motivare facendo riferimento ad essa e spiegando che cosa escludeva l’accoglimento dell’appello sul punto, circostanza che invece nella motivazione resa non si coglie e ciò anche là dove la stessa fa un anodino riferimento al “decisum”, senza spiegarne i termini).

Corte di cassazione, Sezione III civile, Ordinanza 16 luglio 2024, n. 19497

Pres. Frasca – Rel. Gianniti – (Cassa con rinvio, App. Reggio Calabria, 7 settembre 2021, n. 512)

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Procedimento civile – Spese processuali – Potere di compensazione da parte del giudice – Motivazione – Necessità – Fondamento – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia tributaria.

Il potere di compensazione delle spese processuali può ritenersi legittimamente esercitato da parte del giudice in quanto risulti affermata e giustificata, in sentenza, la sussistenza dei presupposti cui esso è subordinato, sicché, come il mancato esercizio di tale potere non richiede alcuna motivazione, così il suo esercizio, per non risolversi in mero arbitrio, deve essere necessariamente motivato, nel senso che le ragioni in base alle quali il giudice abbia accertato e valutato la sussistenza dei presupposti di legge devono emergere, se non da una motivazione esplicitamente “specifica”, quantomeno da quella complessivamente adottata a fondamento dell’intera pronuncia, cui la decisione di compensazione delle spese accede, e ciò tanto più nell’ipotesi del concorso degli “altri giusti motivi” (diversa, pertanto, da quella della “soccombenza reciproca”) di compensazione, ipotesi che, per l’ampiezza della previsione, risulta l’unica realmente derogatoria del principio generale (di cui all’art. 91, comma 1 c.p.c.) della condanna alle spese della parte soccombente. Ne consegue che la mancanza assoluta di motivazione, implicita od esplicita, della decisione di compensazione delle spese nei sensi sopra descritti integra gli estremi della violazione di legge (art. 92, secondo comma c.p.c.), denunciabile e sindacabile anche in sede di legittimità (Nella specie, la S.C., richiamati gli enunciati principi, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, nel rigettare l’appello dalla società di riscossione s.p.a. proposto contro la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso del ricorrente contribuente annullando le cartelle di pagamento impugnate, aveva affermato, nel solo dispositivo, che le spese non fossero dovute, senza specificare alcunché in motivazione circa le ragioni di tale decisione).

Corte di cassazione, Sezione T civile, Ordinanza 15 luglio 2024, n. 19416

Pres. Stalla – Rel. Socci – (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Abruzzo, 14 gennaio 2019, n. 22)

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