Gli accordi conclusi in sede di mediazione:
esperienze pratiche e aspetti di rilevanza notarile
Relazione del Notaio in Roma Massimo Saraceno tenuta nel convegno del 27/04/2018 organizzato dall’Associazione Primavera Forense
La contestualità fra la formazione dell’accordo in sede di mediazione e l’intervento notarile necessario all’immissione del medesimo accordo nei registri immobiliari presenta aspetti di indubbia rilevanza pratica dei quali si darà conto nei termini seguenti.
Non va trascurato, infatti, il rilievo che la domanda introduttiva di una procedura di mediazione non è, allo stato, trascrivibile (sotto questo profilo è auspicabile, de iure condendo, una modifica dell’art.2653 comma 2 c.c. nella parte in cui, pur equiparandosi la domanda giudiziale all’atto notificato con il quale una parte dichiara all’altra di volersi avvalere del compromesso o della clausola compromissoria per far valere il procedimento arbitrale, non si estende tale equiparazione anche all’istanza di mediazione) e, pertanto, non può escludersi il rischio che l’invitato in mala fede, con il quale l’istante abbia raggiunto un accordo in mediazione, alieni a terzi l’immobile (o, pur non essendo in mala fede, subisca trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli) nelle more fra la conclusione dell’accordo e il perfezionamento dell’atto notarile idoneo alla pubblicità.
Quindi la contestualità risolverebbe, o quanto meno attenuerebbe, i problemi connessi alla mancanza di alcuna efficacia prenotativa dell’istanza di mediazione in assenza di alcun meccanismo trascrittivo.
L’intervento notarile ha, evidentemente, un raggio d’azione diverso rispetto a quello degli avvocati, chiamati a rendere l’attestazione e la certificazione di conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico, come previsto dall’art. 12 D.lgs.28/2010, strumentale all’acquisizione della forza di titolo esecutivo dell’accordo, in quanto il filtro di legalità notarile non è solo diretto a confermare la delibazione di non contrarietà dell’accordo a norme imperative o all’ordine pubblico ma è propedeutico all’immissione dell’accordo nei pubblici registri.
In particolare, il notaio dovrà curare la formazione di un titolo idoneo alla pubblicità, anche sul piano della legittimazione a disporre dell’alienante (ivi compresa l’analisi dei profili relativi al regime patrimoniale coniugale), della rappresentanza, dell’effettuazione dei controlli ipocatastali, nonché del rispetto delle norme fiscali, quali ad esempio la previa presentazione delle dichiarazioni di successione eventualmente omesse e, ovviamente, dell’integrazione dell’accordo con le menzioni urbanistiche, sulla conformità catastale e, ove necessario, con l’allegazione dell’attestato di prestazione energetica.
L’intervento del notaio non è solo limitato agli atti di cui all’art.2643 c.c., come la lettera dell’art.11 comma 3 cpv D.lgs.28/2010 sembrerebbe far intendere, ma è da intendersi esteso a tutti gli atti soggetti a trascrizione o a iscrizione sia nei registri immobiliari che al registro delle imprese. In particolare, con sentenza del Tribunale di Roma in data 4 novembre 2015 RG.12136/2015, è stato accolto il ricorso presentato da un notaio di Roma avverso la trascrizione con riserva ex art.2674 bis c.c. effettuata dal Direttore del Servizio di pubblicità immobiliare di Roma 2 relativo a un accordo di mediazione con sottoscrizioni autenticate dal notaio ricorrente portante una divisione immobiliare. La riserva era stata giustificata dal Conservatore con il rilievo che il richiamo all’art.2643 c.c. contenuto nell’art.11 comma 3 D.lgs.28/2010 doveva intendersi come tassativo e che, pertanto, non potendo l’accordo concluso in sede di mediazione avente quale effetto lo scioglimento della comunione essere sussunto sotto la categoria dei negozi di divisione (art.2646 c.c.) o transazione (art.2643 n.13 c.c.), non potesse essere trascritto in assenza di una norma espressa che lo consenta. Il Tribunale ha ravvisato, in primo luogo, un’aporia sistematica nell’omesso richiamo ad altre norme, quali l’art.2646 c.c., che disciplinano la trascrizione, sia pure ad effetti diversi di quelli tipicamente dichiarativi; aporia che finisce per diventare vera e propria contraddizione ove si consideri che, da un lato, l’art.5 D.lgs. 28/2010 ricomprende la divisione fra le materie per le quali la mediazione costituisce condizione di procedibilità e, dall’altro, non consente espressamente la trascrivibilità del relativo accordo.
Lo stesso discorso può essere esteso alle altre forme di trascrizione, non contemplate espressamente nell’art.11 D.lgs.28/2010, quale quella di cui all’art.2647, 2645 ter c.c., o anche agli atti soggetti ad annotamento: il che amplia ulteriormente l’ambito dell’intervento notarile oltre il perimetro dell’art.2643 c.c.
E ciò non tanto per gli annotamenti con funzione di pubblicità notizia, quale quello dell’art.2668 comma 3 c.c. (avveramento della condizione sospensiva o mancato avveramento della condizione risolutiva), o ancora l’annotamento delle quietanze a margine di atti di trasferimento con riserva della proprietà (in questo caso tra l’altro unilaterali), quanto per gli annotamenti che spiegano effetti rilevanti ai fini della successiva circolazione degli immobili.
Così, non è dubbio che in mediazione possa essere accertato l’avveramento di una condizione risolutiva (o il mancato avveramento della condizione sospensiva pur in assenza di espressa previsione normativa) o stipulato un negozio risolutorio agli effetti dell’art.2655 c.c. (senza entrare nel merito della vexata quaestio dell’ammissibilità dei negozi risolutori, che sembrano ormai essere ritenuti leciti dalla giurisprudenza di legittimità, da ultimo Cass., sezione V, 6 ottobre 2011 n.20445).
Più delicato è il discorso da svolgersi per le convenzioni che “accertino” l’eventuale nullità, annullabilità, revocazione, rescissione, simulazione di un atto soggetto a trascrizione.
In particolare, nell’ipotesi in cui l’istante instauri una mediazione avente ad oggetto l’accertamento una di queste patologie negoziali e l’invitato non si opponga, è possibile che la mediazione si concluda con un accertamento della nullità, annullabilità, revocazione, rescissione, che sia poi trasfuso in atto notarile, con una delle tecniche redazionali di cui ci occuperemo più avanti, agli effetti dell’art.2655 c.c., cioè per far sì che – nel rispetto del principio di continuità delle trascrizioni – producano regolarmente i propri effetti le successive iscrizioni o trascrizioni contro il soggetto a favore del quale si è verificato uno degli eventi indicati al primo comma dell’art. 2655 c.c.?
Da un lato, il tenore letterale dell’ultimo comma del 2655 c.c. sembrerebbe far propendere per una soluzione positiva in quanto il titolo per l’annotazione è costituito dalla sentenza o dalla “convenzione”, senza alcuna distinzione a seconda del fatto “risolutore” dell’effetto reale.
Ma, per converso, almeno per i vizi di invalidità, si potrebbe in astratto sostenere che si tratti di un accertamento riservato all’autorità giudiziaria, non disponibile dai privati.
In realtà, parte della dottrina ha distinto a seconda che si tratti di nullità o risoluzione stragiudiziale (quale quella dipendente da diffida ad adempiere, clausola risolutiva espressa o termine essenziale ex art.1454, 1456 e 1457 c.c.), fatti questi che sarebbero suscettibili di costituire oggetto di un mero accertamento e, pertanto, di una convenzione annotabile, oppure di fatti che dovrebbero essere posti a base di una sentenza di carattere costitutivo (annullamento, risoluzione giudiziale, rescissione e revocazione), non surrogabile attraverso una convenzione fra privati; e ha fondato tale distinzione sul verbo “risultare” contenuto nell’ultimo comma dell’art.2655 c.c., nel senso che tale termine presupporrebbe un’attività di mero accertamento che non si riscontra in realtà nelle ipotesi in cui sul fatto risolutore dell’effetto deve pronunciarsi il giudice con sentenza ad efficacia costitutiva (L.FERRI-P.ZANELLI, Trascrizione immobiliare, 3 ed., sub.artt.2654-2656, p.371).
Si è autorevolmente replicato (G.GABRIELLI, La pubblicità immobiliare, in Trattato di diritto civile diretto da Rodolfo Sacco, 2012, p.168) che tale termine si riferisce indifferentemente alle sentenze e alle convenzioni e, quindi, non si vede come rispetto a queste ultime l’interprete possa immaginare un più ristretto ambito di applicazione.
Sul piano sostanziale, si è poi osservato come non possa considerarsi preclusa all’autonomia privata la facoltà di prevenire o comporre una controversia sull’annullamento attraverso il riconoscimento fatto da una delle parti del buon fondamento della domanda preannunciata o proposta dall’altra; riconoscimento che può essere puro e semplice, o comportare reciproche concessioni configurandosi in tale ultimo caso come transazione.
Si potrebbe semmai discutere, in chiave notarile, cioè nell’ottica del notaio, chiamato a valle dell’accordo di mediazione che abbia accertato la nullità o l’annullamento, a prestare la propria opera professionale, se annotare, ex art.2655 c.c., il proprio atto in ogni caso oppure, laddove vi siano i caratteri della transazione che abbia implicato un riconoscimento di nullità o di annullabilità, se trascrivere ex art.2643 n.13 c.c. (Nicolo’, La trascrizione, Milano, 1973, p.82 sembra per propendere la soluzione positiva, cioè per ammettere le convenzioni che accertino la nullità).
Bisogna, poi, anche tener presente, nell’ottica del mediatore – notaio, che qualora la transazione verta su titolo nullo, anch’essa è nulla ove il titolo sia illecito, e che negli altri casi di titolo nullo la transazione è annullabile solo ad istanza di chi ignorava la causa di nullità (art.1972 c.c.).
Il problema, quindi, dell’accertamento in mediazione di una patologia negoziale suscettibile di porre nel nulla gli effetti reali già prodottisi è opinabile, ma almeno nel caso della simulazione (tra l’altro non previsto dal 2655 c.c.) sarei orientato per la soluzione favorevole. 6
Il caso è questo: Tizio invita in mediazione Caio per far valere l’accordo simulatorio scritto in virtù del quale la compravendita fra gli stessi intercorsa non ha prodotto i propri effetti e quindi Tizio è ripristinato nella titolarità del proprio diritto (simulazione assoluta) o ha prodotto effetti diversi da quelli derivanti dal contratto simulato (simulazione relativa).
In questo caso, a differenza della nullità, l’accertamento ha riguardo a una controdichiarazione contenuta nell’accordo simulatorio e non mi pare dubitabile che, con l’accordo delle parti, la controdichiarazione, fino a quel momento tenuta segreta fra le parti, possa essere palesata e soggetta a pubblicità immobiliare e, in particolare, nel caso di simulazione assoluta o di simulazione relativa (volta a far valere effetti diversi) ad annotazione ex art.2655 c.c., mentre in caso di interposizione fittizia di persone a trascrizione contro l’interposto e favore delle interponente, non già ai fini dell’art.2644 c.c. – non potendosi ravvisare tra l’interposto e l’interponente una vicenda circolatoria – ma ai sensi dell’art.2650 c.c. (così GAZZONI, Trattato della Trascrizione, La trascrizione degli atti e delle sentenze, 2012, p.450).
Quindi la contestualità risolverebbe, o quanto meno attenuerebbe, i problemi della mancanza di alcuna efficacia prenotativa dell’istanza di mediazione in assenza di alcun meccanismo trascrittivo.
Quanto all’accertamento dell’usucapione in mediazione, esso costituisce gran parte delle mediazioni incardinate presso ADR Notariato Srl e di esse proverò a cogliere i tratti salienti, sia in chiave ricostruttiva che pratico-operativa.
Come si legge nelle schede di lettura dell’art. 84–bis della legge 9 agosto 2013 n. 98, di conversione del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, introduttiva dell’art.2643 n.12 bis c.c., si è fatta finalmente chiarezza sulla questione della trascrivibilità dei negozi di accertamento dell’usucapione, che aveva ricevuto soluzioni oscillanti nella giurisprudenza e aveva trovato la dottrina tradizionale per lo più attestata su posizioni negative, fondate sull’inidoneità del negozio di accertamento a modificare il rapporto originario, quand’anche investisse, sotto l’aspetto interpretativo o di migliore specificazione, un atto soggetto a trascrizione.
Un atto, quindi, con cui le parti non intendono modificare una data situazione giuridica preesistente o spostare il regolamento posto in essere col negozio originario rispetto ad un determinato conflitto di interessi, ma semplicemente intendono “dichiarare il rapporto preesistente imponendo una determinata intelligenza”.
Ovviamente l’accertamento dell’usucapione non ha ad oggetto un rapporto giuridico già instaurato fra le parti ma un fatto storico, cioè il possesso ininterrotto, non violento né clandestino, per il tempo protratto dalla legge, che ha quale effetto legale l’acquisto della proprietà.
La scelta compiuta dal legislatore con l’introduzione dell’art.2643 n.12 bis c.c. è, però, chiaramente quella di tracciare un doppio binario della pubblicità dell’usucapione, l’una dichiarativa, tipica del meccanismo degli artt.2643, 2644 e 2650 c.c. e l’altra di mera notizia, propria delle sentenze, cui viene riservata l’applicabilità dell’art.2651 c.c.
Nonostante, dunque, l’accertamento negoziale mantenga i caratteri dell’acquisto a titolo originario, costituendo un negozio di secondo grado, che presuppone la preesistenza di un fatto o di una relazione giuridica da accertare con carattere definitività è innegabile come l’accertamento negoziale investa esclusivamente i rapporti tra usucapito e usucapiente e non possa avere un’efficacia generalizzata verso i terzi.
Quindi, pur essendo l’usucapione negoziale accostabile all’usucapione giudiziale in ordine ai presupposti di fatto che legittimano la formazione di un titolo di acquisto del diritto reale in capo all’usucapiente, il limite rinvenibile nell’usucapione negoziale è piuttosto rappresentato dalla persistenza di un legame fra usucapito e usucapiente che connota il relativo 8
negozio di un carattere lato sensu dispositivo (sia pure non dia luogo ad un acquisto derivativo in senso stretto) sul piano degli effetti della relativa pubblicità nei rapporti inter partes e nei confronti dei terzi.
In altri termini, mentre l’usucapione giudiziale ha la forza di radicare un diritto nuovo in capo all’usucapiente al quale i terzi aventi causa dall’usucapito non potranno opporre i loro diritti in base alle regole previste agli artt.2644 e 2650 c.c., interrompendo pertanto la catena delle trascrizioni fino a quel momento intervenute contro l’usucapito e instaurando ex novo una catena il cui anello iniziale è appunto costituito dall’acquisto dell’usucapiente sin dal momento dell’inizio del possesso, il negozio di accertamento dell’usucapione s’inscrive all’interno di una vicenda pubblicitaria di matrice chiaramente dichiarativa in cui i terzi aventi causa dall’usucapito o i creditori iscritti contro di lui potranno opporre i loro diritti all’usucapiente che abbia trascritto l’accordo in un momento successivo.
Nessuna efficacia liberatoria potrà, pertanto, ricondursi al negozio medesimo, con ciò potendosi sicuramente bandire qualsiasi riflesso della c.d. usucapio libertatis, che è il diretto corollario del carattere retroattivamente originario dell’usucapione giudiziale.
Bisogna, peraltro, dar conto dell’autorevole, quanto isolata, voce dottrinale (C.M.BIANCA, La trascrizione del verbale dell’accordo conciliativo di accertamento dell’usucapione, in Vita Not., 2016, pp.119 ss.) secondo la quale anche l’accertamento negoziale dell’usucapione è un acquisto a titolo originario in senso tecnico, esattamente equivalente a quello giudiziale, che estingue il diritto del proprietario e travolge gli atti dispositivi che esso abbia compiuto, a prescindere dalla trascrizione.
Addirittura, sostiene l’autore, un’interpretazione diversa, volta cioè ad attribuire valenza dichiarativa alla trascrizione dell’accertamento convenzionale dell’usucapione in contrapposto all’efficacia di pubblicità notizia della trascrizione della sentenza di accertamento darebbe luogo a un profilo di incostituzionalità della norma per irrazionalità del diverso trattamento di due atti aventi funzione di accertamento dell’effetto acquisitivo della proprietà determinato per legge.
Pur con il massimo rispetto dell’opinione dell’autore, affidare all’accordo di accertamento dell’usucapione la funzione (sia pure ancillare) di travolgere gli effetti di qualsiasi atto trascritto contro l’usucapito (c.d. usucapio libertatis) sembra francamente eccessivo in quanto introdurrebbe un grave vulnus nel sistema di circolazione immobiliare e si presterebbe a facili accordi fraudolenti fra usucapito e usucapiente.
Appare opportuno, a questo punto, verificare quale debba essere l’atteggiamento del notaio a valle della procedura di mediazione, o anche durante lo svolgimento della procedura, se il mediatore è anche notaio.
Certamente, il mediatore e il notaio non potranno incidere sul piano dell’accertamento del possesso altrui, cioè dovranno limitarsi a recepire le dichiarazioni dell’usucapiente e dell’usucapito, ma ovviamente tali dichiarazioni dovranno essere congruenti con la documentazione acquisita al fascicolo e, laddove si ravvisi un’incongruenza documentale fra le dichiarazioni delle parti e le evidenze documentali, il mediatore e il notaio dovranno avvertire le parti circa la probabile inidoneità del loro accordo a produrre gli effetti sperati.
Quid iuris, ad esempio, se l’usucapito, pur vantando a proprio favore un titolo ultraventennale, abbia disposto del proprio diritto di proprietà in favore di terzi con un atto trascritto, ad esempio cinque anni prima?
Certamente, se risulta dall’atto che al trasferimento della proprietà sia seguita l’immissione nel possesso dell’acquirente, il mediatore/notaio dovrà avvertire le parti che quell’accertamento negoziale dell’usucapione potrà non spiegare alcun effetto contro l’avente causa dall’usucapito che vanti a proprio favore una trascrizione prioritaria. 10
Ma di per sé l’eventuale atto di disposizione di un diritto reale da parte del proprietario, individuato come tale al ventennio dall’esame dei registri immobiliari, pur se legittimamente trascritto, non comporta di per sé interruzione dell’altrui possesso ove l’atto non si accompagni ad un’effettiva perdita di possesso del precedente possessore.
Gli atti interruttivi dell’usucapione (diversi dalle domande giudiziali o dalle intimazioni stragiudiziali) si caratterizzano tutti per la materialità dello spoglio del possessore, nel senso che essi devono necessariamente implicare l’effettività della perdita del potere di fatto sulla cosa e, sotto questo profilo, potrebbe apparentemente ritenersi che un atto di disposizione di un diritto reale senza immissione nel possesso dell’acquirente, non interrompendo il termine ad usucapionem, non determini mai la soccombenza dell’usucapiente rispetto ai terzi aventi causa dall’usucapito.
In realtà nell’usucapione negoziale il carattere dichiarativo della pubblicità immobiliare dell’accordo accertativo fa soccombere comunque l’usucapiente rispetto a qualunque avente causa dall’usucapito che abbia trascritto il proprio titolo di acquisto prima della trascrizione dell’accordo, anche ove a quell’atto dispositivo non sia seguita l’immissione nel possesso del bene.
Non così nell’usucapione giudiziale, in cui il tipico effetto retroattivo dell’acquisto a titolo originario da parte dell’usucapiente lo rende preferito rispetto a qualunque avente causa (possessore o non possessore) dell’usucapito.
E’ anche possibile che l’atto dispositivo sia compiuto non in pendenza del termine per il compimento dell’usucapione, ma successivamente allo spirare del termine ad usucapionem.
Anche in tal caso l’acquisto del terzo avente causa dall’usucapito prevarrà sulla trascrizione dell’accertamento dell’usucapione, se quest’ultimo venga trascritto successivamente.
Ma non è da escludersi che il terzo avente causa dall’usucapito in entrambi i casi (cioè sia nell’ipotesi di atto dispositivo compiuto in pendenza del termine ma senza immissione nel possesso sia nel caso in cui l’atto dispositivo sia compiuto dopo lo spirare del termine ad usucapionem), invitato a partecipare al procedimento di mediazione, vi prenda parte e riconosca, congiuntamente all’usucapito, la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano il perfezionamento della fattispecie acquisitiva del diritto in capo all’usucapiente.
In tal caso, stante l’assenza di alcuna efficacia purgativa dell’atto di accertamento dell’usucapione, occorre verificare se sia ammissibile, accanto alla trascrizione ex art.2643 n.12 bis c.c. contro l’usucapito e a favore dell’usucapiente, un’annotazione di risoluzione ex art.2655 ultimo comma c.c. dell’atto dispositivo compiuto dall’usucapito nei confronti del suo avente causa.
Come detto dianzi, una volta ammessa la generalizzata portata del negozio risolutorio, non può escludersi che nell’ambito del procedimento di mediazione l’usucapito e il terzo avente causa convengano la risoluzione dell’atto dispositivo in quanto incompatibile con il riconoscimento dell’altrui possesso ad usucapionem per il termine previsto per legge.
Corollario pratico della valenza dichiarativa della pubblicità dell’atto di accertamento dell’usucapione è la necessità del rispetto del principio della continuità delle trascrizioni affinchè la trascrizione contro l’usucapito e a favore dell’usucapiente consenta di risolvere i conflitti fra aventi causa dall’usucapito e usucapiente.
In assenza della trascrizione del titolo di acquisto a favore dell’usucapito, la trascrizione contro di lui svolge, ed è questa la regola sancita dall’art.2650 comma 2 c.c., un’efficacia prenotativa, nel senso che le trascrizioni contro l’usucapito produrranno il loro effetto secondo il rispettivo numero d’ordine solo una volta curata la trascrizione dei titoli a favore del dante causa (l’usucapito).
Nella pratica è molto frequente che l’usucapito sia deceduto o che sia deceduto il soggetto che aveva iniziato il possesso sul bene, al quale sono subentrati ex art.1146 c.c. gli eredi o i legatari.
Sono state enucleate, pertanto, quattro ipotesi concrete:
a) l’usucapito muore dopo lo spirare del termine ad usucapionem (ad esempio inizio dell’usucapione nel 1970 e fine nel 1990 – morte dell’usucapito nel 2000); in questo caso, poiché al momento della morte dell’usucapito, il bene era già uscito al momento della morte dell’usucapito, si ritiene che non vada presentata la dichiarazione di successione in morte dell’usucapito e la trascrizione possa essere eseguita direttamente contro l’usucapito e a favore dell’usucapiente;
b) l’usucapito muore in pendenza del termine per il perfezionamento dell’usucapione (ad esempio inizio dell’usucapione nel 1990, morte dell’usucapito nel 2000, perfezionamento dell’usucapione nel 2010); in questo caso, poiché al momento della morte dell’usucapito, il bene non era ancora uscito dal patrimonio dell’usucapito, si ritiene che vada presentata la dichiarazione di successione in morte dell’usucapito e vada eseguita una prima trascrizione contro l’usucapito e a favore degli eredi dell’usucapito e una seconda trascrizione contro questi ultimi e a favore dell’usucapiente;
c) l’usucapiente (rectius colui che ha iniziato il possesso) muore dopo lo spirare del termine ad usucapionem; in questo caso, gli eredi (anche non possessori perché l’usucapione è già compiuta), dovranno dichiarare il bene nella dichiarazione di successione e si eseguiranno due trascrizioni, l’una contro l’usucapito e a favore dell’usucapiente e l’altra contro quest’ultimo e a favore dei suoi eredi;
d) l’usucapiente (rectius colui che ha iniziato il possesso) muore in pendenza del termine ad usucapionem; in questo caso al momento della morte il bene non era ancora entrato nel patrimonio del de cuius e, pertanto, gli eredi o i legatari subentranti nel possesso non dovranno dichiarare il bene nella dichiarazione di successione e si eseguirà un’unica trascrizione, contro l’usucapito e a favore degli usucapienti (eredi o legatari di colui che aveva iniziato il possesso).
Nei casi non infrequenti di usucapione di quote indivise, (ad es. un coerede usucapisce le quote degli altri), pacificamente ammessi in giurisprudenza (Cass.12 aprile 2012 n.5226) il principio di continuità è rispettato se la trascrizione dell’accettazione tacita d’eredità viene curata contro il de cuius e a favore degli eredi usucapiti per le rispettive quote indivise, ma appare anche possibile curare la trascrizione dell’accettazione tacita d’eredità anche a favore dell’usucapiente, in quanto l’affermazione di costui di aver continuato il possesso del proprio dante causa ex art.1146 comma 1 c.c. in qualità di successore a titolo universale del de cuius non può
E’ anche possibile che l’usucapiente, dopo aver concluso e trascritto l’accordo negoziale di accertamento dell’usucapione con l’usucapiente, intenda munirsi di una sentenza di accertamento giurisdizionale con i propri effetti tipici, in particolare l’usucapio libertatis e la piena efficacia di acquisto a titolo originario che prescinda dal rispetto della continuità delle trascrizioni.
L’ipotesi è stata affrontata (BARALIS, L’accertamento negoziale dell’usucapione nell’ambito della mediazione riformata: il senso della trascrizione e i problemi connessi, in Riv.Dir.Civ., 2014, 6) riguardo alla possibile apposizione di una condizione risolutiva al negozio di accertamento negoziale dell’usucapione consistente nella successiva pronuncia giudiziale.
In questo caso la pronuncia giudiziale dovrebbe funzionare quale evento condizionante che legittima l’annotamento di risoluzione ex art.2655 c.c. 14
In realtà il vero problema è capire quali siano le sorti del negozio quando in sede giudiziale si accerti che non sussistevano i presupposti fattuali per l’accertamento dell’usucapione in quanto si sia accertato che il preteso usucapiente non abbia posseduto per il termine di legge.
Probabilmente, la soluzione più ragionevole dovrebbe essere quella della perdita di efficacia del negozio ab origine per difetto dei presupposti.
Ma al di là dell’apposizione di una condizione risolutiva espressa, ad avviso di chi scrive, la pronuncia della sentenza di accertamento dell’usucapione determina comunque la sopravvenuta inefficacia dell’accordo di accertamento negoziale, che vale a radicare il diritto dell’usucapione ab origine in maniera del tutto slegata dalla titolarità del diritto dell’usucapito.
Quanto agli aspetti formali del negozio di accertamento dell’usucapione:
a) non occorre nè la dotazione né l’allegazione dell’attestato di prestazione energetica;
b) l’atto dovrà riportare le menzioni urbanistiche (rese dall’usucapiente), in quanto la normativa urbanistica riguarda qualsiasi attività negoziale che abbia quale effetto l’acquisto del diritto reale (con le eccezioni espressamente previste) anche se, come in questo caso, non per effetto di una vicenda non tecnicamente traslativa, ma che s’inscrive nel quadro di un accordo con valenza di pubblicità dichiarativa;
c) l’atto dovrà altresì riportare le menzioni (rese dall’usucapiente) sulla conformità catastale oggettiva (per le stesse argomentazioni).
Per quanto riguarda l’allineamento soggettivo, appare condivisibile la ricostruzione contenuta nello studio del Consiglio Nazionale del Notariato n.718-2013/C che, alla luce della precedente circolare CNN del 28 giugno 2010, aveva escluso la necessità di un previo allineamento catastale per rendere l’intestazione catastale conforme alle risultanze dei registri immobiliari, in quanto l’atto di accertamento negoziale dell’usucapione, pur rendendo evidente il collegamento fra diritti dell’usucapito e quello dell’usucapiente, non è un acquisto a titolo derivativo in senso stretto e sarebbe pertanto contrario allo spirito della riforma, evidentemente ispirata da esigenze deflattive del contenzioso, richiedere il c.d. preallineamento catastale prima di autenticare (o ripetere in forma pubblica) l’accordo di mediazione o per inviare il relativo adempimento unico.
Quindi, il notaio chiamato ad autenticare o a ripetere l’accordo avrà senz’altro l’obbligo di ispezionare i registri immobiliari per verificare che l’usucapione sia stata svolta contro un usucapito realmente legittimato passivo per essere il vero intestatario del bene ai registri immobiliari, ma potrà evitare di curare l’allineamento catastale prima procedere all’invio dell’adempimento unico relativo all’atto di accertamento dell’usucapione, a meno che non gli sia stato conferito espresso incarico.
Tre le possibili tecniche redazionali:
1) autentica delle sottoscrizioni apposte in calce al verbale (se contenente al proprio interno l’accordo), o al verbale e all’accordo, se quest’ultimo costituisce un allegato del primo. Ovviamente l’attività di autenticazione riguarderà solo le sottoscrizioni delle parti, non anche quella del mediatore, né degli avvocati.
Ma si tratta di una tecnica redazione farraginosa, in quanto molto spesso l’accordo difetta delle menzioni obbligatorie.
2) verbale di deposito del verbale di mediazione contenente l’accordo, ovviamente anche in questo caso con l’intervento di tutte le parti, ad esclusione degli avvocati e del mediatore;
3) negozio di ripetizione, con cui si potranno sanarsi vizi sanabili da cui l’accordo può essere affetto (nullità sanabili derivanti dall’omissione delle menzioni urbanistiche, il difetto del consenso del coniuge nel caso di atti dispositivi dei beni della comunione, le nullità relative, ad esempio l’omessa consegna della polizza fideiussoria ex art.2 D.lgs.122/2005, o le nullità parziali necessarie, che non si siano cioé propagate all’intero regolamento contrattuale), senza peraltro che lo stesso possa atteggiarsi a rinegoziazione dell’accordo con effetti novativi (perchè ciò creerebbe problemi fiscali). Ricordo, invece, che l’omessa menzione della conformità catastale oggettiva ex art.29 comma 1 bis della legge 52/85 non crea un problema di nullità insanabile dell’accordo che, in quanto mera scrittura privata, non è soggetto alla disciplina in questione.
Sicuramente è anche possibile che l’atto notarile a valle dell’accordo di mediazione si atteggi ad atto solutorio, cioè quale pagamento traslativo in attuazione di un obbligo a contrarre assunto con l’accordo di mediazione.
In questo caso, però, bisogna fare attenzione ai risvolti fiscali, in quanto l’art.17 comma 3 considera esente dall’imposta di registro solo il verbale di accordo e l’Agenzia delle Entrate potrebbe ritenere che eventuali atti solutori successivi all’accordi esulino dall’ambito di applicazione del detto art.17 comma 3.
Notaio Massimo Saraceno